Natale è alle porte e tantissime delle usanze dei nostri antenati, sono andate disperse. Che peccato… Cosa è rimasto? La cena, il pranzo e gli scambi dei regali (quasi mai graditi).

Quel che è andato perduto, secondo me, è la magia che racchiude questo periodo dell’anno. La magia del tronco della vigilia di Natale (su truncu de xena), ad esempio. Si trattava di un grosso ceppo che veniva acceso insieme ad altra legna nel camino, la sera del 24 Dicembre e si teneva acceso, notte e giorno, fino all’epifania. L’attenzione che si dava a questo rito era molto importante, si aveva cura di attizzarlo prima di andare a dormire e di darle vigore la mattina seguente garantendo così fortuna alla famiglia, per tutto l’anno.

Diciamo pure che la cena del 24, non era molto ricca quanto lo era il pranzo del 25, quando la tavola veniva imbandita di carni (maialetto, capra e agnello), formaggi, salumi e dolci tipici per il periodo, come le papassine realizzate con farina, sapa, uva passa, noci, nocciole e mandorle (e si, ogni periodo ha i suoi elaborati e squisiti dolci), ma comunque la sera della vigilia racchiudeva la vera magia. Ci si stringeva intorno al focolare prima della mezzanotte e per la gioia dei bambini, che potevano restare svegli fino a tardi, arrivava l’ora delle storie. Si potrebbe pensare a racconti lieti e felici, ma non è così. Chissà perché il momento tanto atteso riguardava storie di vecchie streghe come quella di Maria Mangrofa, che divenne strega per le pene d’amore. Si narra che fosse una bellissima ragazza di un piccolo paese (che poi divenne Orosei) e che il suo fidanzato fosse partito, promettendogli di tornare, ma così non fu e il suo dolore mutò in rabbia trasformandola in una strega, che gradiva la carne umana, meglio se di teneri bambini. Ma di lei si racconta anche che possedesse un immenso tesoro (cercato e mai trovato) e che fosse una talentuosa tessitrice, ma sempre divoratrice di bambini.

Vi erano anche le storie che servivano da monito per i bambini che non volevano finire la cena, per la fretta di giocare a “Sa Murra”, su Barralliccu (una specie di trottola), o a sa Tombùla (la tombola) e così entrava in scena Maria Puntaborru, che avrebbe raggiunto nei propri letti coloro che avevano sprecato il cibo e avrebbe infilzato il loro stomaco con uno spiedo. Oppure sarebbe arrivata Palpaèccia che avrebbe messo delle grosse pietre sui loro addomi. Per preparare i bambini al fatto che sarebbero dovuti andare a dormire senza capricci, veniva tirato in ballo Tziu Masèdu, un burbero anziano che odiava il frastuono e che quando riposava non voleva sentire volare una mosca o sarebbero stati guai (Che infanzia serena! Eppure si era felici di ascoltare quei racconti).

I doni non venivano richiesti come si fa oggi con, la tanto amata, letterina a Babbo Natale, e spesso i ragazzini ricevevano dagli adulti dei pani speciali decorati finemente.

I pani speciali venivano preparati con diversa forma, a seconda del paese. Ad esempio in Ogliastra si confezionava un bellissimo pane a forma di cuore, di giglio, di stella, di pesce o di uccello. Si confezionavano pani anche a forma di neonato, su accèddhu (il bambinello). In Gallura si era soliti regalare la FranKa e lu Kubòni, la bambola e il corvo, la prima per le bimbe e il secondo per i maschietti.

I bambini più poveri erano soliti andare nelle case delle famiglie benestanti a chiedere del pane, recitando una filastrocca che augurava tutto il bene possibile a chi glielo avesse donato.

La sera della vigilia vi era un altro momento molto speciale: Sa Miss’è Pudda, la messa. Tutti si riunivano nella chiesa, soprattutto i ragazzi e le ragazze che coglievano il momento per corteggiarsi. Tutto diventava un grande caos di bisbigli, chiacchiere, lanci di bucce di agrumi per attirare l’attenzione delle ragazze più carine, o addirittura spari, persino dentro la chiesa, anche se era vietato, ma si respirava aria di festa e di legame tra i partecipanti.

Le donne gravide, spinte da una leggenda, erano quasi obbligate a presenziare alla messa, perché la messa della vigilia aveva un forte potere esorcizzante e avrebbe protetto il feto dalle malattie. La leggenda narrava che le gestanti che non avessero partecipato a Sa Miss’è Pudda, avrebbero potuto partorire degli esseri mostruosi. Ma poteva succedere, magari più raramente, che il bimbo decidesse di nascere proprio la notte di Natale e questo era per tutti un grande evento. Infatti la sua mamma avrebbe avuto tra le braccia un bambino molto ”speciale”, che avrebbe portato tanta fortuna, non solo alla sua famiglia, ma anche alle sette case che più erano vicine alla sua. Si credeva inoltre che durante la vita, non avrebbe perso né denti, né capelli e che quando fosse morto, non si sarebbe decomposto: Chi nascidi sa nott’è xena, non purdiada asut’e terra (Chi nasce la notte della vigilia di Natale, non marcisce sotto la terra).

Ma ora veniamo alla parte che preferisco.

Le donne considerate “bruxie”, o “strie”, coloro capaci di fare la “Medicina”, per togliere il malocchio, nel periodo che va dalla Vigilia, all’Epifania, e solo in questo periodo e se quasi in punto di morte, avrebbero potuto insegnare ad un’altra prescelta i riti magici e i “Brebus”, parole cariche di energia, capaci di fare del bene, ma anche del male.

Alla prossima festa,

Annamaria